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Il ruolo di Uke

Nelle arti di combattimento, per potere avanzare c’è bisogno di un partner che riceva l’azione aggressiva.
Questo ruolo è ricoperto di volta in volta dallo stesso praticante che in giapponese viene definito “ Uke” 受け ( ricevere ) e “ Ukemi “受身 è l’arte di ricevere, anche se il termine designa le classiche cadute da proiezione.

In effetti Ukemi rappresenta l’azione ultima dell’arte del ricevere : le cadute.
Le arti marziali sono discipline  che prevedono una persona, un’anima, a prima vista sacrificata, per potere apprendere l’arte.Nessun’altro sport prevede questa figura!
Colui che “ riceve “ però sarà colui che “darà” dopo.
Qual è dunque il concetto di Uke e Ukemi.

“ Ricevere e cadere per poi rialzarsi e dare”

L’Aikido è un’arte marziale di difesa e non si può praticare senza la presenza di un partner.
E’ vero che alcuni esercizi tesi a valutare la propria forza e capacità tecniche possono essere compiuti da soli, ma per un training ottimale è richiesta l’interazione tra Uke  受け  ( colui che riceve ) e Tori o Nage 投げ ( colui che dà ).
Non bisogna fare l’errore di semplificare le definizioni di Uke e Tori in “ attaccante” e “difensore”.
Ragionando in tali termini si finisce con l’identificare Tori come colui che viene attaccato ed esegue la tecnica e Uke come una specie di manichino con cui Tori si esercita.
Letteralmente invece, ed è sottile la differenza, Tori significa “colui che proietta” e Uke “colui che riceve la forza”.L’arte di essere uke si dice “ Ukemi” e la qualità della pratica di Tori dipende da come Uke ha imparato quest’arte.
E’ come dicono i maestri “ Uke è il seme di Tori”.
E’ singolare come nella nostra società, al di fuori delle arti marziali, questo ruolo di uke non voglia essere più ricoperto…tutti vogliono essere subito i vincitori, senza percorrere la difficile via dell’apprendistato, al contrario della società giapponese, dove tale ruolo è di fondamentale importanza per poi diventare dirigente o maestro di qualsiasi arte.
Ricordo che da giovane amavo la pesca subacquea, che praticavo anche d’inverno e per imparare l’arte ho fatto da “uke” ad un noto campione campano…in umiltà, iniziando come barcaiolo per ore ed ore sotto il sole d’estate o la pioggia d’inverno ( appena pioveva il mio maestro voleva che andassimo in mare!). come suo Uke ho rubato il mestiere che a dir il vero comunque mi prodigava come suo paziente allievo.
Allora praticavo già Aikido negli anni ’70 e mi è stato facile comprendere cosa si nascondeva dietro il concetto di Uke..il senso ed il valore di questo ruolo…ma torniamo all’ambito marziale.
L’Uke deve reagire correttamente ai movimenti di Tori, accettando qualsiasi tipo di caduta che conclude la tecnica.

Uke è responsabile delle condizioni che consentono a Tori di imparare.

Se Uke non ha la percezione giusta ( richiede la conoscenza nei minimi dettagli di una tecnica) se non ha il senso degli effetti della tecnica, se non ha flessibilità fisica e mentale, se si muove prima o dopo, se non ha il senso del tempo, Tori non sarà più in grado di apprendere una tecnica con efficacia.
La gente vede solo il lavoro di colui che esegue la tecnica e non si rende conto del grosso è più lavoro di uke, che apprende ciò che è dietro la tecnica stessa, fattori più interiori.
I ruoli nell’Aikido come nel Judo sono interscambiabili cosicché l’apprendimento a più livelli coinvolge ogni atleta. Essere Uke fa sì che siano coinvolti più sensi oltre quelli fisici. E’ una forma di sensibilizzazione eccezionale che tocca le sfere più nascoste.
Il doversi rapportare di volta in volta a persone a volte alte a volte basse di statura, di sesso diverso, fragili o forti, simpatiche o antipatiche, di età diversa richiede pazienza e accettazione..il rapporto non è verbale ..è un vero contatto fisico e di mente..unificare la propria respirazione all’altro è come mettersi sulla sua lunghezza d’onda. ed è indubbio che i praticanti ad alto livello di arti marziali e nello specifico dell’Aikido, che dà molta importanza a questi aspetti , siano persone di una sensibilità e comprensione particolare.
Quest’addestramento purtroppo manca a molti atleti di altri sport e purtroppo anche a chi fa politica.
In Giappone è frequente che i dirigenti pratichino un’arte marziale!
Rispetto a noi però i dirigenti nipponici danno largo spazio a coloro che fanno il lungo apprendistato da uke e permettono loro spazi dirigenziali più ampi..da noi e soprattutto nell’ambito marziale si tende sempre a tenere nel ruolo di uke colui che sul campo ha conquistato con fedeltà e dedizione il successivo e meritato ruolo di maestro o dirigente!
Il tempo, dunque che uke passa nel suo ruolo non è una sorta di intervallo che lo separa dal momento in cui ricoprirà il ruolo di tori, colui che esegue la tecnica, quanto al contrario un’opportunità di imparare l’importanza del ruolo di Uke.
Chi eccelle nell’arte di ukemi eccellerà di più nell’arte di Tori, perché saranno più abili nell’assorbire la conoscenza, attraverso il corpo, delle sensazioni che si provano durante una tecnica ben eseguita. Essere un buon uke, quindi ricevere è la via più breve per acquisire abilità in Aikido e quindi poi dare l’arte a sé stessi ed agli altri, cioè diventare Maestro.
Subire poi le cadute “ le ukemi” non significa perdere. E’ uno studio sulla comunicazione, sulla percezione, sulla capacità dell’autoconservazione.

Saper cadere bene, senza ingiurie, significa sapersi rialzare con più autostima e fiducia in questa società.

(Rino Bonanno)

L’uniforme nell’Aikido

 Keikogi 合気道着

 L’Aikido si pratica indossando un’uniforme chiamata in giapponese keikogi 稽古着 nello specifico un aikidogi (合気道着), letteralmente divisa per allenamento…a dire il vero.. divisa per il Keiko, dove Keiko significa letteralmente pensare alla maniera degli antichi maestri, e non Kimono 着物, termine che, seppure entrato nell’ uso corrente, sta a significare un altro tipo di indumento.

l Il keikogi tradizionale deve essere di colore bianco (simbolo di purezza) e fatto di cotone intrecciato in modo che possa, durante l’allenamento, favorire da un lato la traspirazione e dall’altro, l’assorbimento del sudore.

E’ costituito da una giacca o uwagi, da un paio di pantaloni o zubon e da una cintura detta obi.

E’ singolare che tutti i praticanti di un’arte marziale si conformino allo stesso vestito, ma è chiaro il significato.

In Oriente, ma anche in Occidente nei tempi addietro la società era divisa strettamente in classi con abiti corrispondenti al proprio rango sociale.

Nei dojo tradizionali di allora, come di oggi, l’uniformarsi allo stesso indumento valeva ad abbattere il concetto di una differenzazione classista. Ciò che vale è solo il progresso nell’apprendimento dell’arte e questo è definito in qualche modo dal colore della cintura.

A dire il vero ai tre colori tradizionali: bianco, marrone e nero si sono aggiunti un’infinità di altri colori qui in Occidente, ma per fortuna non nella sfera Aikidoistica.

Gli yudansha (gradi dan) o “cinture nere” indossano anche l’abito tradizionale dei bushi l’hakama.

Il bianco gi non deve essere inquinato da distintivi o patacche che non hanno nulla a vedere con la tradizione. Deve essere immacolato e sempre tenuto in ordine.

 

Origini

E’ molto probabile che dobbiamo l’attuale nostra uniforme ai monaci guerrieri, i quali avevano l’abitudine  di allenarsi,svestendosi dei loro abiti al fine di evitare distinzioni dovute al colore dei loro indumenti e che, come sappiamo, indicavano la carica ricoperta nell’Ordine.

Restavano così in sottoveste che tra l’altro era più pratico per combattere.Conservavano però la loro sciarpa o kesa ( kasaya in sanscrito ) che usavano annodarsi in vita e che originò l’attuale cintura.

Nessuno doveva distinguersi per il ruolo ricoperto.In un dojo tutti sono uguali. La nascita del keikogi bianco nasce poi verso la fine degli anni ’80, ereditato dalle varie scuole di ju jitsu, che fino ad allora usavano sì l’attuale tenuta, ma di colori diversi a seconda della scuola.Con l’unificazione di vari metodi di ju jitsu nell’attuale judo nasce il bianco gi.

Il colore bianco indica la purezza, ma è anche il colore del lutto in Giappone.

I morti sono vestiti di bianco.

Questo indica che siamo pronti a non attaccarci troppo alle cose terrene e a far morire l’Ego.

La differenza sta che il lato sinistro del nostro keikogi va sul destro a differenza dei morti che hanno la parte destra della giacca su quella sinistra.Anche nel Karate si usa un keikogi simile al nostro, ma più leggero.

La storia dice che Gichin Funakoshi, il fondatore moderno del Karate, fu invitato ad Okinawa in Giappone a tenere una dimostrazione presso il Kodokan di Jigoro Kano, fondatore del Judo.

Fino ad allora in Okinawa ci si allenava a torso nudo e pantaloni corti, dato il caldo umido di quelle zone.

Fu Funakoshi che in quella occasione, ispirandosi alla divisa del Judo , confezionò l’attuale karategi solo più leggero per agevolare i movimenti.

Si dice che quando Funakoshi vide gli altri marzialisti nelle loro divise bianche inviò alcuni dei suoi al mercato per comprare delle stoffe bianche e far confezionare velocemente i keikogi.

Cintura 帯

In Aikido si utilizza la cintura bianca fino al 1° Kyù e nera per i gradi dan.
Va annodata al di sotto dell’ombelico.La cintura rappresenta la nostra maestria nell’arte e quindi non solo non va prestata, ma tradizionalmente neanche lavata.

Lavare una cintura è come eliminare l’esperienza e il sudore che essa conserva.

Ha un grande significato ed è il Maestro che per tradizione la regala alle cinture nere.

Hakama 袴

I gradi dan indossano oltre il keikogi anche l’hakama,( nello specifico umanori 馬乗り- una specie di gonna pantaloni,di colore nero o blu – per distinguerla da un altro tipo di hakama non divisa detta gyōtō hakama ( 行灯袴)

E’ forse il più tradizionale degli indumenti e molte arti, oltre l’Aikido, la utilizzano.

L’hakama si indossa solo quando si diventa cintura nera e nessun praticante serio, maschio o femmina, si sognerebbe di indossarla prima del tempo.

L’hakama porta davanti una serie di cinque pieghe e due posteriori, in tutto sette.

Queste pieghe rappresentano le sette virtù dei praticanti di arti marziali e ogni cintura nera deve conoscerneil significato, affinchè non si consideri l’hakama solo un segno distintivo o di prestigio.

Essa deve indurre all’umiltà e a perseguire i valori che racchiude nelle sue pieghe. Essa li rammenta a noi.

Jin (benevolenza) – Rei (etichetta e gentilezza) – Gi (giustizia) – Chi (saggezza) –Shin (sincerità)- Koh (pietà) – Chu (lealtà)
( Jin-Rei-Gi-Chi-Shin: pieghe anteriori – Koh-Chu: pieghe posteriori)

Ed è anche per questo che gli yudansha alla fine della loro lezione mettono così tanta attenzione nel riporre al posto giusto le pieghe della loro hakama.E’ un modo, nel ripiegare la propria hakama, di rammentarsi dei valori che perseguono.

( Rino Bonanno )
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Vari tipi di Keiko

VARI TIPI DI KEIKO IN AIKIDO PRATICATI NEL NOSTRO DOJO

1) Il Kata -geiko è l’allenamento di base, si praticano le tecniche così come sono state tramandate; secondo un certo ordine, senza variazioni, con un certo ritmo. Sostanzialmente l’allenamento Kata (kata-geiko) serve per imparare, memorizzare per poter trasmettere.

2) Il Kagari-geiko è l’allenamento di gruppo e si può praticare linearmente, in cerchio oppure a croce.La pratica lineare consiste nel disporre in fila i vari attaccanti, i quali attaccheranno uno per volta, in sequenza.
Nel modo circolare gli attaccanti (uke) si dispongono intorno a colui che si difende (tori) e colpiranno o attendendo uno sguardo di tori, oppure di propria iniziativa (attaccando anche due o tre per volta!).
Scopo del kagari-geiko è di far acquisire al praticante la percezione spazio-temporale, con il tempo imparerà a diminuire il tempo di reazione, ad aumentare la varietà di tecniche utilizzate e ad avere più coscienza dello spazio circostante.

3) L’Oyo-geiko è un metodo di allenamento che consiste nell’applicazione di una certa tecnica variando il tipo di attacco rispetto a quello ideale, cioè tramandato, codificato. Ciò consentirà di padroneggiare completamente una tecnica. Con il tempo il praticante si specializzerà in un gruppo ristretto di tecniche (non più di dieci o quindici) che “sicuramente” riuscirà ad applicare contro diversi tipi di attacchi. In questa fase ci si appresta ad abbandonare “la base” studiata per tanto tempo (almeno dieci anni), con tanta perfezione.

4) Il Renzoku-geiko (allenamento di “concatenamento” della tecnica di difesa) consiste in una prima applicazione della tecnica di base, codificata, che verrà tempestivamente modificata in un’altra tecnica di base quando colui che si difende (tori) si accorgerà della mancanza di un elemento necessario all’applicazione della tecnica di base di partenza (es: assenza di sbilanciamento, l’avanzamento di una gamba anziché un’altra, ecc…).

5) Il Kaeshi- geiko è l’allenamento alle contro tecniche, il cui scopo è quello di acquisire sensibilità alla reazione di colui che attacca o meglio riceve l’energia (uke).
E’ l’anticamera dell’allenamento libero (randoru) che è lo stadio più elevato di studio. In pratica è uno stadio in cui due praticanti, generalmente molto affiatati, cercano di cogliere un punto debole durante l’esecuzione della tecnica del compagno. E’ un allenamento difficile, non privo di rischi di incidenti; per questo è praticato soltanto da studenti di grado superiore. Si parte da una tecnica di base e, se il compagno avverte un punto debole nell’esecuzione di questa, cerca di opporsi con un’altra tecnica adeguata. Occorre essere molto sinceri, perché bisogna resistere e reagire soltanto in caso di una reale imperfezione nella tecnica. In questa fase si abbandona la base, si praticano solamente le tecniche personalizzate anche se ogni tanto il praticante ritornerà ad allenarsi con i gradi inferiori praticando le tecniche di base nella maniera più precisa possibile, anzi soltanto adesso sarà pienamente cosciente della validità delle stesse.

6) Il Randoru-geiko (allenamento al movimento libero), da non confondersi con il RANDORI del judo è il fine di tutti gli altri tipi di allenamento.

Randoru vuol dire “libertà di azione” intesa come mancanza di regole (ran in giapponese vuol dire caos, ribellione), non esistono più tecniche di base, non esistono più ruoli (colui che attacca e colui che si difende), essi vengono interscambiati a seconda delle necessità.

( Rino Bonanno)

Corsi di Aikido

 

CORSI PER ADULTI

Lo studio dell’Aikido è accessibile a chiunque e a qualunque età.
L’insegnamento graduale e il profondo rispetto per ogni individuo crea l’ambiente ideale per permettere a ogni allievo di accrescere e sviluppare pienamente il potenziale fisico, mentale e spirituale.
Unendo in sé l’efficacia delle antiche tecniche di autodifesa dei samurai con l’eleganza e l’armonia del guerriero di pace, l’Aikido è una disciplina praticata senza distinzioni, sia da uomini che da donne.
L’Aikido non richiede né forza bruta, né capacità superiori alla norma. Ciò che conta sono il cuore, la dedizione e lo spirito di ricerca.
Il corso adulti prevede anche lo studio delle armi tradizionali: il bokken (spada di legno), il jo (bastone) e il tanto (pugnale di legno).
In accordo con l’intento del Fondatore O’Sensei Morihei Ueshiba, in questi anni l’Aikikai Napoli diretta dal M° Rino Bonanno si è impegnata a trasmettere a centinaia di allievi i nobili principi di rispetto per la vita ed il suo ambiente, guidandoli nella pratica dell’Aikido.
corsi sono aperti a tutte le persone che desiderano praticare un’arte marziale che offra loro sicurezza, coordinamento corporeo, equilibrio e centratura.

Praticando le eleganti tecniche marziali di fluidità motoria e di centratura psicofisica in un clima sereno (e giocoso per i più piccoli), si imparerà ad avere piena padronanza del proprio corpo e della propria mente e si acquisiranno sani principi quali l’armonia nel rapportarsi con gli altri e con il proprio ambiente.
Durante l’anno sono organizzati vari seminari in sede con diversi maestri provenienti
dall’Italia e dall’estero a scopo formativo. Inoltre il nostro Dojo A.S.D. Aikikai Napoli  è affiliata a “Progetto Aiki“, associazione nazionale che redige un calendario di stages tenuti in Italia da maestri italiani e stranieri tra cui alcuni gratuiti. I gradi sono riconosciuti dall’Hombu Dojo di Tokyo.