di Rino Bonanno
L’area deputata all’esercizio marziale nella tradizione Giapponese è denominata Dojo 道場 (luogo dove si segue la Via), intendendo con questo termine oltre ad un luogo fisico, anche una zona permeata di sacralità, dove i praticanti si trovano ad esprimere le proprie energie al conseguimento della maestria nella loro arte e al superamento della stessa.
L’Aikido, 合気道 in quanto arte tradizionale giapponese, si pratica anch’essa in un Dojo.
Tale luogo deve necessariamente avere una configurazione ed una struttura atta a svelare il proprio significato spirituale se vuole meritare l’antico appellativo Buddhista di Dojo.
Molti praticanti di arti marziali hanno dimenticato la sacralità del luogo che li accoglie.
Sappiamo tutti che all’interno del Dojo va praticato il silenzio e forme di rispetto le cui regole confluiscono nel campo più ampio dell’etichetta, ma certamente non è solo l’osservanza a tali norme che definisce un luogo “sacro”.
Intendiamo proprio affermare che un Dojo deve avere una conformazione architettonica che lo rende, al pari di un tempio, chiaro nei suoi disegni spirituali.
Deve cioè esprimere nella sua struttura l’organizzazione stessa dell’Universo.
In contrapposizione all’ uomo occidentale, che vede nel Sud, dimora della massima luce solare, l’espressione del Divino (Egizi, Incas ed altre culture), l ’orientale, invece, ascrive al Nord, dimora della notte, il massimo della valenza spirituale.
Egli considera la luce solare un evento esteriore della Natura.
Afferma che l’oscurità della notte va rischiarata dalla luce interiore e divina.
Questa premessa è necessaria per comprendere l’assegnazione degli spazi all’interno di un Dojo.
In relazione a ciò che è stato detto appare chiaro che una sala con le sue quattro pareti avrà un orientamento in base ai quattro punti cardinali e che il Nord sarà il lato superiore Kamiza ed il Sud, il lato inferiore Shimoza , da un punto di vista squisitamente spirituale, il lato Est è detto Joseki ed il lato Ovest è lo Shimoseki.
N.B.
Come evidenzia Dave Lowry nel suo libro “In the Dojo”, le diverse aree del Dojo sono da alcuni ricondotti alla cosmologia Taoista. In particolare alcuni ritengono che kamiza si possa ricondurre al Nord, ovvero all’elemento “acqua”. Dal lato opposto shimoza sarebbe dunque da considerarsi Sud, a rappresentare l’elemento “fuoco”. Joseki sarebbe l’Est, correlato all’elemento “legno” e shimoseki l’Ovest, correlato all’elemento “metallo”. La zona centrale, dove si svolge la pratica, è ricondotta appunto al centro, ovvero alla Terra, il quinto elemento. Per la cosmologia Taoista infatti l’interazione di Yin e Yang è espressa attraverso cinque manifestazioni base dell’energia, i cinque elementi. Il termine non si riferisce ai cinque elementi base che si possono trovare ovunque in natura, ma è una metafora, si riferisce ai cinque modi attraverso cui il Qi si esprime nell’universo. I cinque elementi sono semplicemente gli emblemi di rappresentazione delle cinque fasi di movimento del Qi. La prima fase corrisponde all’energia a riposo, in un estremo stato di quiete e concentrazione. Questa fase è identificata con l’acqua, in quanto l’acqua è un elemento che, se indisturbato, diviene spontaneamente calmo e statico. La seconda fase è lo sviluppo della prima: se l’energia è completamente in quiete, ha un enorme potenziale, che prima o poi si manifesta. Questa seconda fase corrisponde dunque all’esplosione dell’energia, ed è rappresentata dal legno, in quanto gli alberi tornano in attività in primavera, dopo il riposo invernale. L’esplosione di attività nella fase Legno non dura per sempre, prima o poi l’energia si stabilizza ed inizia una fase di equilibrio in cui l’energia fluisce con uniformità mantenendosi costante. Questa terza fase corrisponde al fuoco, in quanto il fuoco è un elemento in grado di sostenere un alto livello energetico per lunghi periodi. Mentre il Fuoco rilascia tutto il suo potenziale energetico inizia a degenerare nella quarta fase, in cui l’energia si condensa. È la fase del metallo. È rappresentata dal metallo in quanto esso è uno stato di energia altamente condensato. La quinta fase energetica corrisponde al momento in cui sopraggiunge equilibrio, armonia e interconnessione tra tutti gli altri quattro stati. energetici. Questa fase finale è rappresentata dalla Terra, ovvero il frutto della combinazione degli altri elementi. |
Riprendendo il discorso, Kamiza 上座 è il lato superiore posto a Nord, privo di finestre, che non riceve la luce solare, ma è illuminato dalla presenza dei Kami o Divino. Da qui scaturisce l’insegnamento!
E’ qui che si siede il Maestro, che è l’unico a dare le spalle allo Shinden 寝殿 (altare) che nei Dojo di Aikido accoglie una calligrafia o la foto di O Sensei.
Sempre dal lato del Kamiza vi è il Tokonoma 床の間 (spazio sopraelevato).
Si comprende che il Maestro rappresenta il punto di unificazione tra O Sensei, in quanto incarnazione/simbolo della Via ( Do) e gli allievi, posti non solo lontano, ma al lato opposto del Centro spirituale, ma in grado di poter vedere la luce che da essa emana.
Shimoza, la parete Sud, è il lato inferiore dove si siedono gli allievi.
E’ da qui che essi accedono al Dojo attraverso un ingresso da cui può entrare la luce solare (esteriore), che avranno alle spalle, mentre il loro sguardo sarà rivolto di fronte alla luce interiore del Kamiza.
Gli allievi Anziani o Sempai 先輩 siedono più vicini alla parete Est o Joseki, dove, per altro, prendono posto gli assistenti.
E’ da Est che sorge il sole, quasi a voler significare che gli assistenti e i gradi avanzati sono illuminati per primi rispetto ai gradi più bassi o Kohai 後輩 , che invece sono più vicini alla parete Ovest o Shimoseki al tramonto.
Sono ancora all’oscuro della luce della Via.
E’ singolare che l’ingresso del Maestro nella sala è posto sulla parete Ovest in modo che il Maestro dia le spalle al tramonto e di conseguenza all’oscuro.
E’ implicito che il Maestro essendo più avanti nella Via è anche quello più vicino al centro spirituale, rappresentato dallo Shinden.
N.B.
Elementi del KamizaKamidana: è il ripiano sottostante per posizionare il tempio e gli altri elementi che costituiscono il kamiza, ognuno dei quali ha un significato specifico che nella tradizione deriva essenzialmente dal culto giapponese Shinto (in altri casi anche buddista). Shimenawa: uno degli elementi difficilissimi da trovare in occidente, è un grosso pezzo di corda intrecciata paglia di riso identifica come un luogo sacro, secondo l’uso di Shinto. Indica la presenza del “kami”, o spirito del luogo. Serve a tenere fuori le impurità purificando inoltre lo spazio circostante. Shinden: struttura simile a un tempio, situata al centro del kamiza, dove risiede lo spirito (ofuda) che controlla e si preoccupa dei nostri progressi nella pratica marziale. Ofuda: amuleto che rappresenta lo spirito che risiede nel kamiza, che fornisce buona fortuna e protezione. Viene collocato all’interno del tempio (Shinden). Kagami o Shinkyo: un altro importante ed essenziale elemento, costituito da un piccolo specchio rotondo che rispecchia la nostra anima immortale e allo stesso tempo ci ricorda l’impermanenza, la transitorietà della nostra esistenza. Tutte le qualità sono riflesse nello specchio e le possiamo notare quando lo guardiamo. Rappresenta un riflesso del nostro vero cuore e immacolato spirito. Kagaribi: lampadari per candele, normalmente ne vengono utilizzati 2, 3 o 5 secondo la tradizione del dojo/scuola. Tomyo: candele che simboleggiano la luce universale. Quando se ne posizionano due rappresentano le energie elementali: In (Yin) e Yo (Yang). Tre invece si riferiscono a Sanshin, i tre cuori. Se collocato cinque candele, vengono associati con i cinque elementi della natura: Chi, Sui, Ka, Fu, Ku. Foto insegnante/i: nella maggioranza di dojo in Giappone, vengono posizionate le foto degli insegnanti deceduti a sinistra mentre a destra sono collocati quelli ancora in vita.In genere si utilizza la foto del fondatore posta al centro del Kamiza (nel caso dell’Aikido O’Sensei Morihei Ueshiba, così come nello Judo vi si pone il riquadro di Jigoro Kano e nel Karate Gichin Funakoshi). Shingu: contenitori in porcellana prettamente utilizzati solo in Giappone: Sakaki Data, vetro che rappresenta i sempreverdi alberi giapponesi, che simboleggiano la presenza della natura e dei nostri legami con essa. Possono essere sostituiti da qualsiasi elemento vivo, come un fiore (dell’arte “ikebana”) o una pianta (ad esempio un “bonsai”). |
N.B. riassumendo:
KamizaKamiza o Shomen è il lato d’onore del tatami dove siedono i sensei. Questo lato del tatami viene facilmente individuato dalla presenza dell’immagine del fondatore O’Sensei.
ShimozaShimoza o lato degli studenti. Su questo lato del tatami siedono gli allievi, i quali sono disposti dal grado più alto, posto più a destra volgendo lo sguardo alla Kamiza, andando progressivamente a descrescere fino all’allievo più giovane nella pratica posto più a sinistra.
JosekiJoseki è il lato riservato ai gradi superiori e agli ospiti del sensei che visitano il Dojo. La posizione a est nella direzione ove sorge il sole ricorda che chi risiede su questo lato è illuminato prima di coloro che risiedono sul lato opposto (possiedono più esperienza di coloro che iniziano la pratica).
ShimosekiShimoseki è il lato riservato ai principianti della pratica. Il lato ovest “dove il sole tramonta”, ci indica che il calare del sole illumina per ultimo questo lato del tatami (chi risiede su questo lato ha meno esperienza nella pratica).
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Disposizione dei Tatami in un Dojo:
L’Aikido si pratica su materassine o tatami (2 x 1 metro), una volta costruite in paglia di riso.
I tatami devono essere posizionati in un ordine preciso al fine di disegnare figure simboliche, che ricordano ai praticanti l’ordine che regola l’Universo. Essi vanno posizionati in quadrati affiancati.
Ogni quadrato deve constare di otto tatami allineati due a due in senso verticale e orizzontale.
Si viene così a creare un simbolo molto conosciuto nella tradizione orientale e che sta a significare la rotazione intorno ad un polo.
E’ chiara la relazione con le leggi dell’Universo.
D’altro canto in rapporto alla concezione degli opposti e complementari, ormai nota ai più, e cioè alla coppia Yin e Yang che, insieme, formano l’unità (tao) si possono considerare passivi o negativi (yin) i tatami orizzontali e attivi o positivi (yang) quelli verticali. Anche qui risulta chiaro il significato intrinseco del simbolo e della forza di tale dipolo. Viene dato un senso del movimento a strutture fisse che è il movimento in natura degli accadimenti (giorno/notte,luce/oscurità,caldo/freddo, etc). Gli allievi di un Dojo, secondo la tradizione più pura inoltre, dovrebbero non soffermarsi mai sulle linee di separazione dei tatami, perseguendo essi l’unità, ma camminare secondo linee parallele alle pareti stesse. Per ogni praticante degno di tale nome il Dojo assume, dunque, una valenza differente.
E’ un luogo da curare, rispettare, pulire e purificare, perché espressione dello spirito di coloro che lo frequentano. La conoscenza della sacralità del luogo spingerà gli allievi al giusto atteggiamento per l’acquisizione della propria arte e dei suoi valori spirituali.
Il Dojo non è una palestra, deve risplendere del lavoro degli adepti.
E’ la nostra seconda casa, quella spirituale, in cui si entra lasciando fuori egoismo, preoccupazioni, competizione e gli affanni quotidiani.
Rino Bonanno
N.B.
Nell’ideogramma 畳,tatami, dal verbo tatamu, ricoprire, sono presenti gli elementi: 田, che rappresenta un campo, una superficie, il simbolo oou, 冖 letteralmente “copertura” e l’elemento 宜,yoroshii, “preciso”. Per quanto riguarda la disposizione, in un appartamento non si pongono mai i tatami in modo di disegnare delle croci con gli stessi, cercando, in pratica, di non avere mai quattro lati che convergono in un incrocio. Questa scelta è per motivi sia pratici che per motivi legati alla superstizione, infatti, tale incrocio oltre a portare sfortuna, forse perché il numero quattro è un numero che porta “male”, è anche molto soggetto a deformazioni per l’uso, in quanto gli angoli del tatami di paglia di riso sono maggiormente vulnerabili proprio in questo punto e posizionarne quattro incrociati creerebbe degli avvallamenti nella copertura del pavimento. Le disposizioni cambiano ingegnosamente a seconda della dimensione dell’ambiente.
La parola tatami è in spesso, utilizzata nel linguaggio anche come riferimento di misura degli ambienti, così se si dice che una stanza è di dieci tatami, o di quattro, l’interlocutore ha ben chiara la dimensione. In rapporto alla concezione degli opposti e complementari, nota ai più, e cioè alla coppia Yin e Yang che, insieme, formano l’unità (il Tao) si possono considerare passivi o negativi (Yin) i tatami orizzontali e attivi o positivi (Yang) quelli verticali. In pratica il simbolo della forza di tale dipolo è che viene dato un senso del movimento a strutture fisse che è il movimento in natura di trasformazione degli accadimenti (giorno/notte ; luce/oscurità; caldo/freddo).
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